La Direttiva ETS (Emission Trading System) è uno strumento europeo nato per combattere il cambiamento climatico, imponendo limiti alle emissioni di gas serra e introducendo un sistema di scambio di quote di emissione. Chi inquina di più paga di più, almeno in teoria. Ma quando questa misura viene applicata a contesti come quello sardo, il risultato rischia di essere tutt’altro che equo.
Il trasporto marittimo, recentemente incluso nel sistema ETS, rappresenta l’unico collegamento praticabile per le merci e i beni essenziali in Sardegna. L’aumento dei costi legato a questa direttiva sta già mostrando le sue conseguenze: imprese in difficoltà, filiere produttive che arrancano e un futuro economico sempre più incerto per l’isola.
“La Sardegna non chiede privilegi, ma il rispetto del diritto a competere ad armi pari. Difendere le nostre imprese significa difendere l’identità e il futuro di tutti noi. Restare in silenzio non è un’opzione”, ha dichiarato Alberto Urpi, Consigliere regionale, che ha presentato un’interrogazione urgente per portare la questione all’attenzione della Giunta regionale e delle istituzioni nazionali ed europee.
“Il trasporto marittimo è la spina dorsale dell’economia sarda – ha spiegato Urpi –.
L’aumento dei costi rischia di compromettere la competitività delle nostre imprese, colpendo duramente filiere produttive, trasporti e cittadini”.
La questione, nelle parole del Consigliere, va oltre il piano economico. È una ferita aperta sull’equità di trattamento: “La Sardegna, a causa della sua insularità, si trova in una condizione strutturale di svantaggio rispetto al resto d’Italia e d’Europa. La Direttiva ETS deve tenere conto delle peculiarità del nostro territorio, altrimenti si trasforma in uno strumento di disuguaglianza anziché di progresso”.
Urpi ha chiesto un intervento deciso della Giunta regionale e delle istituzioni nazionali per far sentire la voce dell’isola a Bruxelles. “La Sardegna non chiede privilegi, ma il rispetto del diritto a competere ad armi pari. Difendere le nostre imprese significa difendere l’identità e il futuro di tutti noi. Restare in silenzio non è un’opzione”.
Un appello chiaro e diretto, che non lascia spazio a interpretazioni. Per Urpi, il tempo delle attese è finito: o si interviene, o la Sardegna rischia di soffocare sotto il peso di regole fatte altrove, che ignorano la sua realtà.