Finite le feste, si torna alla solita musica: scioperi, disagi e il classico venerdì di caos perfetto per dare il via al weekend. I sindacati del trasporto pubblico non mollano, e a gennaio si riapre il sipario sulle proteste. Questa volta, la data da cerchiare in rosso è venerdì 10 gennaio, anche se Cub Trasporti sembra voler rompere gli indugi già dal giorno prima, con uno sciopero nazionale per il mancato rinnovo del Contratto delle attività ferroviarie.
Il tempismo, inutile dirlo, è da manuale: sempre di venerdì, che così si può iniziare il weekend col piede giusto. Chi deve prendere un treno? Si arrangi. Chi aveva in programma un viaggio? Si rassegni.
Perché, come spesso accade, le proteste legittime diventano un’arma puntata contro i pendolari, i viaggiatori e chiunque osi mettersi in movimento.
La Commissione di Garanzia, intanto, mette i paletti: devono passare almeno 24 ore tra uno sciopero e l’altro, e il 10 gennaio potrebbe saltare se non saranno rispettati i termini. Ma non è detto. E se dovessero esserci violazioni, i garanti delle sigle sindacali rischiano multe salate. Una prospettiva che, a giudicare dalla frequenza delle proteste, non sembra turbare troppo i protagonisti.
Alla fine, come sempre, a pagare saranno gli utenti. L’Italia si conferma il paese dove le ragioni di chi protesta finiscono per seppellire i diritti di chi lavora o viaggia. E, puntuali come un orologio svizzero, gli scioperi tornano a ricordarci che, in fondo, il venerdì perfetto per molti non è quello in ufficio, ma quello in piazza. Con l’aperitivo che aspetta, ovviamente.