Piazza Garibaldi è piena. Non c’è festa, non c’è mercato. C’è rabbia, c’è amarezza, ma soprattutto c’è una richiesta che non può essere ignorata: un lavoro stabile per chi da anni tiene in piedi le scuole, precario tra le incertezze e la burocrazia.
I docenti precari sono scesi in strada stamattina. Niente slogan vuoti, nessun cartello generico. Hanno parole precise, chiare: “Il futuro della Sardegna passa per una scuola stabile e di qualità. Non possiamo più accettare scelte che minano le fondamenta del nostro sistema educativo”. E se lo dicono loro, che in quelle fondamenta ci lavorano ogni giorno, c’è da crederci.
I volti in piazza non sono giovani inesperti.
Molti di loro hanno anni di servizio alle spalle, stipendi da fame e contratti a termine che non garantiscono nulla. La richiesta è semplice: basta precarietà. Chiedono la stabilizzazione immediata e il rifiuto di una formazione Indire che definiscono un ostacolo insensato. “Normalizzare titoli esteri di dubbia legittimità è un insulto a chi ha seguito percorsi rigorosi e trasparenti”, denunciano.
E poi c’è il nodo dei concorsi. Graduatorie che si riempiono ma non si svuotano mai, posti che restano scoperti mentre si promettono nuove selezioni. “Vogliamo l’apertura delle graduatorie di merito a esaurimento per il Pnrr 1.
Il Pnrr 2 è una farsa, con un terzo dei posti ancora vacanti”, attaccano.
Ma non è solo una protesta nazionale. La Sardegna ha ferite proprie, e i docenti non le dimenticano. “Serve autonomia, serve un sistema che tenga conto della nostra specificità. Il Consiglio regionale deve fare la sua parte, come in Trentino Alto Adige. La denatalità e l’isolamento sono problemi che richiedono soluzioni locali, non decreti scritti da chi non conosce la realtà dell’isola”.
Le voci sono tante, ma il messaggio è uno: la scuola è al collasso, e il collasso inizia dai suoi insegnanti. Chiedono stabilità, rispetto, dignità. Non per loro soltanto, ma per un sistema che, senza docenti motivati, non può esistere.
In piazza Garibaldi oggi non c’era spazio per i discorsi vuoti. C’erano persone stanche di elemosinare ciò che è loro diritto. La domanda resta: qualcuno ascolterà? O si aspetterà, come al solito, che la piazza si svuoti e tutto torni nel silenzio?