C'è qualcosa di tremendamente sbagliato sull'analisi fatta in un recente articolo del New York Times che definisce il Sud Sardegna “selvaggio, bello e ignorato”. Questa narrativa romantica e semplificata degli americani verso ciò che percepiscono come “selvaggio” inizia a diventare più stanca e stereotipata di un vecchio vinile graffiato.
Immaginate Laura Rysman, giornalista del NYT, aggirarsi per le strade di Cagliari con gli occhi di chi scopre un mondo nuovo, descrivendo con un entusiasmo quasi puerile le esperienze culturali, ambientali e gastronomiche che offre la regione. Ma cosa c’è di nuovo in questo? Il ritornello è sempre lo stesso: gli americani scoprono un angolo remoto del mondo, lo etichettano come “selvaggio” e si congratulano per aver scovato un tesoro nascosto. Che originalità!
Non fraintendetemi, la Sardegna è indubbiamente meravigliosa, con le sue spiagge incontaminate e i suoi paesaggi mozzafiato. Ma questo racconto paternalistico, che sembra quasi una lezione di scoperta data da chi viene da un paese che ha reso il selvaggio un parco giochi per ricchi, è francamente urtante.
Gli Stati Uniti, con i loro deserti urbani e le terre spopolate dal progresso forzato, dovrebbero forse guardare in casa propria prima di elogiare o etichettare altre culture.
Rysman parla di una Sardegna fragile, il cui patrimonio culturale dipende tanto dagli sforzi locali quanto dai visitatori rispettosi. Belle parole, certo. Ma la verità è che gli stessi turisti che riempiono le tasche degli abitanti locali sono quelli che rischiano di soffocare ciò che rendono unico questo luogo. E l’ironia è che questo ciclo di scoperta e sfruttamento è perpetuato proprio dagli articoli entusiastici come quello del NYT.
Invece di una narrazione da cartolina, avremmo bisogno di un’analisi più profonda e critica. L'idea che la Sardegna sia un territorio “svuotato” dall'industria mineraria, in attesa di essere trasformato in un parco naturale, è affascinante ma anche ingenua. Le vere sfide economiche, sociali e ambientali che la regione deve affrontare sono ben più complesse di quanto un viaggio esperienziale possa catturare.
La celebrazione delle tradizioni locali, come la festa di Sant'Efisio e i giganti di Mont’e Prama, sono importanti, ma non bastano per capire una cultura che è stata modellata da secoli di storia, dominazioni e resistenze.
La Sardegna non è un parco tematico per il turista curioso, ma una terra viva e pulsante che merita rispetto e comprensione.
Quindi, cari americani, prima di vendere al mondo l’ennesima versione del “selvaggio”, forse è il caso di fare i conti con il vostro. Il mondo non ha bisogno di altri stereotipi e cliché, ma di una comprensione genuina e rispettosa delle sue molteplici realtà. E la Sardegna, con la sua bellezza e complessità, merita ben di più di un etichetta da souvenir.