Rivelare: quando il velo cade e la verità si fa luce

Vedere è stato il primo passo: l'attimo in cui il mondo si è offerto agli occhi. Poi è venuta l'ammirazione, lo sguardo che si è fatto attento, capace di riconoscere la bellezza e il valore di ciò che si manifesta. La contemplazione è stata il passo successivo, il soffermarsi sulla profondità delle cose, il lasciarsi avvolgere dalla loro essenza. Da qui siamo giunti all’intuizione, la folgorazione improvvisa che ci ha fatto comprendere, in un istante, qualcosa che fino a quel momento ci sfuggiva. Ora ci troviamo davanti all’ultimo varco, al momento definitivo del nostro viaggio: il rivelare.

Rivelare è l’atto che scioglie l’ultimo nodo della conoscenza. Non è più soltanto vedere, ammirare, intuire: è il momento in cui la verità si fa chiara, in cui l’ignoto cessa di essere tale, in cui ciò che era celato si mostra per quello che è. Rivelare viene dal latino revelare, che significa letteralmente “togliere il velo” (re- indica il movimento all’indietro, velum è il velo che copre e nasconde). L’etimologia suggerisce il gesto solenne di chi svela, di chi porta alla luce. Ma non tutto può essere rivelato senza conseguenze.

Nell’antichità, la verità non era data a tutti. La rivelazione era concessa solo a chi era pronto a riceverla. Nei mysteria di Eleusi, ai non iniziati era proibito assistere alle cerimonie: non perché si trattasse di segreti da custodire, ma perché la verità è una luce che acceca chi non è in grado di sostenerla. Anche nelle tradizioni religiose, la rivelazione è sempre un evento epocale, qualcosa che cambia per sempre il rapporto tra l’uomo e il divino: pensiamo alle rivelazioni profetiche, ai testi sacri, alle verità ultime che si dischiudono solo in momenti straordinari. Sapere significa essere responsabili di ciò che si è scoperto.

Edipo è l’esempio più tragico di questo principio: desidera conoscere, indaga, strappa i veli della menzogna, ma quando infine vede la verità, non può più sopportarla. La rivelazione non è stata una conquista, ma una condanna. Il suo viaggio è il nostro stesso viaggio, perché ogni conoscenza è irreversibile: una volta che il velo è caduto, non si può tornare indietro.

Ma non sempre la rivelazione è un trauma. C’è anche la rivelazione che illumina, che dona senso, che restituisce a noi stessi ciò che avevamo smarrito. Nel linguaggio moderno, diciamo “mi si è rivelato” quando qualcosa di profondo si è chiarito nella nostra mente, quando finalmente comprendiamo ciò che prima era confuso. La rivelazione non è solo il sapere che scuote, ma anche il sapere che salva.

Eppure, rivelare non è sempre un gesto neutro. Abbiamo già visto, in altre occasioni, come il sapere possa diventare arma, come lo sguardo possa ferire anziché illuminare. Non sempre si è pronti a vedere tutto ciò che viene rivelato. Esiste una responsabilità dello svelamento, una misura che va rispettata. È per questo che non tutte le verità possono essere dette, non tutte le conoscenze possono essere condivise senza conseguenze.

Forse è proprio questo il punto più alto del nostro viaggio attraverso la vista: comprendere che la verità, per essere rivelata, ha bisogno di essere accolta. Non basta svelare, bisogna essere in grado di vedere davvero, senza paura, senza esitazione. Ma una domanda rimane: siamo davvero pronti a guardare in faccia tutto ciò che può essere rivelato?

Cultura

Abiti tradizionali femminili della Sardegna: Ittiri
  All’interno del copioso materiale scritto, audio, video, fotografico, di natura demoetnoantropologica che ho acquisito in due decenni di viaggi e ricerche sul campo in Sardegna, un posto rilevante è occupato dall’abito tradizionale; e per i lettori della Gazzetta Sarda pubblico alcune schede con immagini descrittive tratte dal mio libro “Il ...

Il mistero del tempo pasquale: Come calcolare la data esatta?
Se esiste una festa che sfugge all’apparente linearità del calendario, è senza dubbio la Pasqua. Essa si colloca in un alveo temporale mobile, quasi fosse un astro errante, ma in realtà risponde a una regola antica che intreccia scienza e fede, cielo e terra, storia ...

Lo sguardo delle parole: intuire, la visione interiore
  Se vedere è il primo atto del conoscere, se riflettere è il fermarsi su ciò che si è visto, se contemplare è la capacità di estasiarsi davanti alla grandezza del mondo, allora intuire è l’ultimo, necessario passo: quello che conduce al sapere immediato, alla rivelazione fulminea, alla percezione che non...

I papi.Storia e segreti: Sant' Antero (Papa dal 21/11/235 al 03/01/236)
  Molto vaghe le poche notizie su Antero. Greco di nascita, fu papa per pochi mesi, mentre era ancora vivo il «dimissionario» papa Ponziano nel suo esilio forzato in Sardegna: consacrato il 21 novembre del 235, morì il 3 gennaio del 236. Il Liber Pontificalis riporta che: ANTEROS [22.11.235-3.1.236], nato in Grecia, figlio di Romolo, ricop...

Riflettere: la luce del pensiero e l’eco della coscienza
Ci sono parole che si muovono in equilibrio tra due mondi, che oscillano tra significati fisici e astratti, tra la concretezza della materia e la profondità dell’anima. Riflettere è una di queste.La sua etimologia ci conduce al latino reflectere, composto da re- (indietro, di nuovo) e flectere (...

Contemplare: lo sguardo che diventa sacro
Vedere è il primo passo. Mirare è il desiderio che si slancia verso l'oggetto. Ma il culmine dell'atto visivo è contemplare, il guardare che si fa conoscenza, raccoglimento, quasi un rito sacro. Chi contempla non si limita a vedere, né a cercare: entra dentro ciò che osserva, lo abita, lo lascia parlare. È lo sg...

Abiti tradizionali femminili della Sardegna: Ollolai
  All’interno del copioso materiale scritto, audio, video, fotografico, di natura demoetnoantropologica che ho acquisito in due decenni di viaggi e ricerche sul campo in Sardegna, un posto rilevante è occupato dall’abito tradizionale; e per i lettori della Gazzetta Sarda pubblico alcune schede con immagini descrittive tratte dal mio libro “Il ...

Lupercalia: orge sacre, purificazione di Roma e il tempo sacro delle Idi
  Il 15 febbraio, mentre il calendario contemporaneo si affanna a trovare significati nelle convenzioni commerciali, l’antica Roma celebrava i Lupercalia, una delle festività più arcaiche e profonde della sua tradizione. Un rito di purificazione e rigenerazione, ma anche un legame con le origini mitiche della città, con il lupo, con il sangue,...

Lo sguardo delle parole: mirare, tra visione e tensione verso l'infinito
  Vedere è un atto passivo, il primo contatto con il mondo. Ma non basta. Lo sguardo può essere fugace, superficiale, inconsapevole. Ciò che conta, nella profondità del linguaggio e dell’essere, è mirare. Non limitarsi a osservare, ma indirizzare gli occhi con determinazione, con desiderio, con volontà. Mirare è un verbo ch...