Ripartono i lavori per la diga di Monti Nieddu a Sarroch, con l’obiettivo dichiarato di completarla entro il 2028. Tuttavia, questa infrastruttura, spesso definita strategica, si trascina dietro un lungo passato di sprechi, contenziosi e ritardi. Con un costo stimato di oltre 250 milioni di euro, la diga dovrebbe garantire un volume d’invaso lordo di 35 milioni di metri cubi, di cui solo 27 realmente utilizzabili. Ma il costo per metro cubo d’acqua, che arriva a essere paragonabile a quello dell’acqua minerale, solleva interrogativi sulla reale utilità del progetto.
I lavori, avviati nel 1998 e interrotti nel 2001, sono stati ripetutamente annunciati e sospesi. Eppure, l’opera non figura nell’elenco ufficiale delle opere incompiute stilato dal Ministero delle Infrastrutture, un fatto che desta non poche perplessità.
Intanto, la Sardegna continua a soffrire di gravi carenze idriche, aggravate da perdite nelle reti di distribuzione che superano il 52,8% dell’acqua immessa. Un problema che rende prioritario l’investimento nella manutenzione delle infrastrutture esistenti, piuttosto che in nuovi invasi dal costo spropositato.
A peggiorare il quadro c’è l’impatto ambientale: la costruzione della diga comporterà la distruzione di oltre 172 ettari di bosco in un’area protetta, senza alcuna Valutazione di Impatto Ambientale. Questo dato, già riconosciuto dalle autorità europee, pone ulteriori dubbi sulla sostenibilità del progetto.
Nonostante gli ostacoli, l’annuncio della ripartenza è stato accolto con entusiasmo dalle istituzioni regionali, che considerano la diga una risposta alla crisi idrica della Sardegna. Tuttavia, il rischio è che questa infrastruttura diventi l’ennesimo esempio di inefficienza e miopia nella gestione delle risorse pubbliche. È davvero questa la priorità per una regione che, ogni estate, si trova a razionare l’acqua? O sarebbe più sensato destinare quei fondi al rifacimento delle reti idriche esistenti, garantendo risultati concreti e immediati? La diga di Monti Nieddu potrebbe finire per essere ricordata non come una soluzione, ma come un simbolo di spreco e cattiva pianificazione.