Destra e Sinistra: L’Italia attraverso i secoli

Gli anni di piombo: La violenza politica e la crisi della Repubblica

  Gli anni ’70 furono uno dei periodi più bui e travagliati nella storia dell’Italia repubblicana. Questo decennio, segnato da un’escalation di violenza politica, è comunemente noto come gli "anni di piombo". In questi anni, il Paese fu sconvolto da attentati, omicidi e rapimenti perpetrati da gruppi terroristici di estrema destra e di estrema sinistra, in un clima di crescente polarizzazione e sfiducia nelle istituzioni. La destra e la sinistra italiane si trovarono su fronti opposti in un conflitto che minacciava di destabilizzare la giovane democrazia italiana, mettendo alla prova la tenuta del sistema repubblicano. Il decennio degli anni ’60 si era chiuso con il "Sessantotto", un’ondata di proteste studentesche e operaie che avevano messo in luce le contraddizioni sociali ed economiche dell’Italia del boom economico. 

  Le speranze di un cambiamento radicale, tuttavia, si infransero contro la realtà di un sistema politico incapace di rispondere adeguatamente alle nuove istanze sociali. Nel frattempo, l’Italia affrontava una crisi economica di vasta portata, causata dall’aumento del prezzo del petrolio nel 1973 e dall’inflazione galoppante. Questa crisi economica contribuì a peggiorare le condizioni di vita di molte famiglie italiane, aumentando il malcontento sociale e alimentando l’ascesa di movimenti estremisti, sia a destra che a sinistra. Gli anni di piombo furono caratterizzati da una violenza politica senza precedenti nella storia della Repubblica Italiana. 

  Da una parte, gruppi di estrema sinistra come le Brigate Rosse (BR) e Prima Linea scatenarono una campagna di terrore contro lo Stato e i simboli del potere capitalistico, con l’obiettivo di abbattere l’ordinamento democratico e instaurare una "dittatura del proletariato". Dall’altra parte, gruppi neofascisti come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale utilizzarono la strategia della tensione, compiendo attentati indiscriminati contro la popolazione civile nel tentativo di provocare una reazione autoritaria e un ritorno a un regime di destra. Il culmine di questa violenza fu rappresentato dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, da parte delle Brigate Rosse nel 1978. Questo evento, uno dei più traumatici nella storia della Repubblica, simboleggiò la gravità della crisi politica e sociale che il Paese stava attraversando. La destra italiana, durante gli anni di piombo, si trovò divisa tra una componente moderata, rappresentata dalla Democrazia Cristiana e dai partiti liberali, e una componente più estrema, legata al Movimento Sociale Italiano (MSI) e ai gruppi neofascisti.

  Mentre la DC cercava di mantenere la stabilità del sistema democratico, il MSI, pur senza partecipare direttamente alla violenza, spesso giustificava le azioni dei gruppi estremisti come una reazione necessaria al "pericolo rosso". La strategia della tensione, una teoria che ipotizza una collaborazione tra servizi segreti deviati e gruppi neofascisti per destabilizzare il Paese, rimane uno degli aspetti più controversi di questo periodo. Attentati come quello di Piazza Fontana (1969), di Piazza della Loggia (1974) e della Stazione di Bologna (1980) restano tragici simboli di un decennio in cui la violenza politica divenne uno strumento per condizionare la vita democratica del Paese. La sinistra italiana, e in particolare il Partito Comunista Italiano (PCI), si trovò in una posizione estremamente delicata durante gli anni di piombo. Da una parte, il PCI doveva affrontare l’ascesa dei gruppi terroristici di estrema sinistra, che denunciavano il partito come traditore della causa rivoluzionaria. Dall’altra, il PCI cercava di mantenere la propria credibilità come forza politica democratica e riformista, pronta a collaborare con la DC per garantire la stabilità del Paese. Enrico Berlinguer, segretario del PCI, propose il cosiddetto "compromesso storico", un’alleanza tra la DC e il PCI per governare il Paese e fronteggiare la minaccia del terrorismo. Questo tentativo di superare le divisioni ideologiche tra destra e sinistra fu accolto con favore da alcuni, ma incontrò anche molte resistenze, sia all’interno del PCI che da parte della DC. Il compromesso storico non si realizzò mai pienamente, anche a causa del rapimento di Aldo Moro, il principale sostenitore della collaborazione con il PCI, e dell’opposizione interna alla DC e al PCI stesso. Tuttavia, l’idea di una collaborazione tra le due maggiori forze politiche del Paese segnò un punto di svolta nella storia italiana, indicando la necessità di superare la logica della contrapposizione ideologica in un momento di grave crisi. Di fronte alla crescente minaccia del terrorismo, lo Stato italiano reagì con fermezza, adottando misure straordinarie per combattere i gruppi armati e ripristinare l’ordine pubblico. Furono create unità speciali di polizia e carabinieri, e vennero introdotte leggi anti-terrorismo che rafforzarono i poteri delle forze dell’ordine e della magistratura. Alla fine degli anni ’70, la repressione statale, unita alla crescente disillusione tra i militanti, portò al progressivo indebolimento dei gruppi terroristici. Le Brigate Rosse e gli altri gruppi armati furono decimati dagli arresti e dalle defezioni, mentre i neofascisti furono progressivamente isolati. La violenza politica iniziò a declinare, segnando la fine del periodo più buio della Repubblica italiana. Gli anni di piombo lasciarono un segno profondo nella memoria collettiva dell’Italia. 

  Il Paese uscì da quel decennio segnato da una profonda sfiducia nelle istituzioni, da una crescente polarizzazione politica e da un senso di disillusione diffusa. La violenza politica, il terrorismo e la strategia della tensione rappresentano ancora oggi una ferita aperta nella storia italiana, con molti aspetti di quel periodo che restano oscuri e controversi. La destra e la sinistra italiane, pur avendo superato il periodo più acuto della crisi, ne uscirono profondamente trasformate. La sinistra, e in particolare il PCI, abbandonò progressivamente le sue posizioni rivoluzionarie, avvicinandosi sempre più a una linea riformista e democratica. La destra, invece, dovette fare i conti con l’eredità del neofascismo e con la necessità di ridefinire il proprio ruolo in una democrazia che cercava di lasciarsi alle spalle il trauma degli anni di piombo.

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