Le profezie sull'elezione del successore di Papa Francesco: analisi storica e interpretazioni contemporanee

La scomparsa di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, ha riacceso l’interesse globale verso antiche profezie che da secoli circondano la figura del Pontefice e il destino della Chiesa cattolica. Tra le previsioni più discusse emergono quelle attribuite a **Michel de Nostradamus** e a **San Malachia**, le quali, sebbene di dubbia autenticità storica, continuano a influenzare l’immaginario collettivo in momenti di transizione papale. Secondo queste fonti, l’elezione del nuovo Papa sarebbe legata a eventi apocalittici o a radicali cambiamenti nella struttura ecclesiastica, con particolare riferimento a un “Pietro il Romano” che guiderebbe la Chiesa attraverso tribolazioni estreme prima del Giudizio Universale. Questo rapporto esplora le origini, le interpretazioni e le implicazioni moderne di tali profezie, collocandole nel contesto storico-culturale e analizzando il loro impatto sulla percezione pubblica durante il conclave del 2025. Nella raccolta **“Les Prophéties”** (1555), Michel de Nostradamus incluse versi criptici che molti studiosi moderni associano alla successione papale. Una quartina particolarmente rilevante recita: *“Per la morte di un Pontefice molto vecchio / Sarà eletto un romano di buona età. / Di lui si dirà che indebolisce la sua sede / Ma a lungo siederà e in attività mordace”*. L’identificazione di Papa Francesco come il “Pontefice molto vecchio” (morto a 88 anni) ha portato a speculazioni sul successore, descritto come “romano” non solo per origine geografica, ma per un legame spirituale o istituzionale con Roma. Questo escluderebbe, secondo alcuni interpreti, candidati provenienti da altre nazioni, favorendo figure come il cardinale **Pietro Parolin** (Segretario di Stato) o **Matteo Zuppi** (Arcivescovo di Bologna), entrambi italiani. Nonostante il fascino popolare, le quartine di Nostradamus sono spesso criticate per la loro ambiguità. Gli studiosi sottolineano come i testi originali non menzionino esplicitamente papi o date, permettendo interpretazioni *post hoc*. Ad esempio, il termine “romano” potrebbe riferirsi alla Curia romana piuttosto che a un individuo, mentre “attività mordace” potrebbe alludere a riforme controverse. Inoltre, l’assenza di riferimenti diretti al XXI secolo solleva dubbi sulla validità delle associazioni moderne, considerando che molte previsioni di Nostradamus sono state adattate a eventi storici a posteriori. La cosiddetta **profezia di San Malachia**, attribuita all’arcivescovo irlandese del XII secolo, elenca 112 motti latini corrispondenti a ciascun Papa fino alla fine dei tempi. Secondo il testo, Papa Francesco sarebbe il 111º, descritto come *“In persecutione extrema S.R.E. sedebit”* (“Siederà durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa”). Il successivo, il 112º, sarebbe **“Petrus Romanus”**, destinato a regnare durante un periodo di caos culminante nella distruzione di Roma e nel Giudizio Universale: *“Pietro il Romano pascerà il gregge tra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo”. La profezia di Malachia è ampiamente considerata un falso storico risalente al XVI secolo. Scoperta nel 1595 dallo storico benedettino **Arnoldo Wion**, presenta motti precisi per i papi precedenti al 1590, ma diventa vaga per quelli successivi, suggerendo una manipolazione postuma[4]. L’ipotesi più accreditata identifica il falsario nel nunzio apostolico **Alfonso Ceccarelli**, noto per aver creato documenti apocrifi per influenzare i conclavi. Nonostante ciò, il mito di “Petrus Romanus” persiste, alimentato da teorie secondo cui il prossimo Papa adotterà il nome **Pietro** (mai usato dai papi per rispetto verso San Pietro) o avrà legami con Roma, come il patriarca di Gerusalemme **Pierbattista Pizzaballa**, nato a Bergamo ma attivo in Medio Oriente. Le profezie sui papi non sono un fenomeno isolato. Nel **XVII secolo**, un manoscritto illustrato noto come *“Vaticinia di Nostradamus”* raffigurava un “Papa nero” in fuga da una città in fiamme, immagine riattualizzata durante il pontificato di Francesco per via del suo abito gesuita (tradizionalmente nero). Analogamente, una presunta visione di **Pio X** (1909) descriveva un Papa in fuga da Roma tra i corpi di sacerdoti uccisi, morendo poi in esilio. Questi esempi riflettono una tendenza ricorrente: associare momenti di crisi ecclesiastica a immagini apocalittiche, spesso legate a figure papali carismatiche o controverse. Gli studiosi di psicologia sociale spiegano l’attrazione per le profezie come risposta all’ansia esistenziale. In momenti di incertezza—come la morte di un Papa—le previsioni offrono una narrazione strutturata, trasformando il caos in un destino preordinato. Questo meccanismo è evidente nel caso di Papa Francesco: la sua età avanzata e le riforme radicali lo hanno reso un simbolo di transizione, accelerando il ricorso a miti escatologici per interpretare il futuro della Chiesa. Sebbene il Vaticano non riconosca ufficialmente le profezie, il clima mediatico influisce indirettamente sul conclave. Cardinali come **Pietro Parolin** e **Matteo Zuppi**, spesso associati al titolo “romano”, potrebbero vedere alterata la percezione del loro candidatura, mentre figure non italiane—come l’arcivescovo congolese **Fridolin Ambongo**—verrebbero escluse dalle speculazioni popolari. Tuttavia, gli elettori del conclave tendono a privilegiare criteri pragmatici (esperienza, dialogo ecumenico) piuttosto che simbolismi profetici. La Santa Sede ha storicamente smentito le profezie, definendole “superstizioni prive di fondamento teologico”. Gli storici concordano nel sottolineare l’assenza di prove documentali anteriori al XVI secolo per la profezia di Malachia, mentre le quartine di Nostradamus rimangono aperte a infinite interpretazioni. Tuttavia, il silenzio ufficiale non placa il dibattito pubblico, soprattutto in contesti digitali dove teorie complottiste e meme (come quelli sui **Simpson**) amplificano narrative pseudostoriche. Le profezie su Papa Francesco e il suo successore rivelano più sulla psicologia umana che sul futuro della Chiesa. La persistenza di miti come quelli di Nostradamus e Malachia dimostra un bisogno ancestrale di dare significato a eventi traumatici, trasformando l’ignoto in una storia coerente. Tuttavia, l’analisi critica evidenzia come queste previsioni siano costruite su testi ambigui e manipolazioni storiche, privi di qualsiasi valore predittivo verificabile. Mentre il conclave del 2025 si avvicina, la sfida per la Chiesa non sarà solo eleggere un nuovo leader, ma anche navigare un panorama mediatico saturo di simbolismi e paure escatologiche, ricordando che—come scrisse Sant’Agostino—*“il vero futuro è nelle mani di Dio, non nelle parole degli indovini”*.

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