Mille giorni di guerra in Ucraina. Un numero che suona come una condanna per chi ancora si ostina a credere che il mondo sia un posto giusto. Mille giorni in cui Dio, secondo Papa Francesco, raccoglie le lacrime sparse e le custodisce. Ma qui, sulla Terra, a custodire non ci pensa più nessuno. Né lacrime, né vite, né tantomeno la pace. Quella "PACE" – sì, tutta in maiuscolo – che il Pontefice ha definito "dimenticata". E come dargli torto?
In una lettera indirizzata al Nunzio a Kiev, monsignor Visvaldas Kulbokas, il Papa si è lasciato andare a parole che sanno di speranza, ma anche di rimprovero.
Ha scritto che Dio non lascerà cadere nel vuoto la sofferenza, che le lacrime sparse avranno un senso. E qui viene il dubbio: ma agli uomini importa davvero?
Francesco prega, come sempre. Prega per i cuori da convertire, per percorsi di dialogo e riconciliazione che sembrano lontani anni luce. Eppure, mentre invoca la "PACE", la guerra continua a divorare vite e speranze. Mille giorni e ancora si parla di missili, di sangue, di città distrutte. Le parole del Papa sono un balsamo, certo, ma la realtà è una ferita aperta.
E allora sì, Dio chiederà conto. Ma gli uomini? I potenti? Chi ha il potere di fermare questo scempio cosa farà? Forse, come sempre, gireranno lo sguardo altrove. La pace sarà "dimenticata" ancora, come ha detto il Pontefice. E noi resteremo qui, a contare giorni, lacrime e vite spezzate, in attesa di un Dio che, alla fine, è l'unico a non dimenticare.