America First: l’ascesa di Trump e la nascita di una nuova era

  Con l’avvicinarsi del 20 gennaio 2024, giorno in cui Donald J. Trump tornerà a guidare gli Stati Uniti, si apre una riflessione necessaria su ciò che la sua presidenza ha significato per l’America e per il mondo. Per comprendere appieno il ritorno di un leader così controverso e polarizzante, bisogna tornare all’inizio del suo percorso politico, quando, nel 2015, da outsider totale, iniziò una scalata che avrebbe stravolto ogni regola consolidata. 

  Questo è il primo di una serie di sette articoli che ci accompagneranno fino al giorno del suo insediamento, analizzando la sua prima presidenza e le prospettive per la nuova. Il 16 giugno 2015, Donald Trump annunciò la sua candidatura alle presidenziali. La scena era quasi teatrale: la scala mobile dorata della Trump Tower, un uomo d’affari noto più per i reality show che per l’impegno politico, e uno slogan che sarebbe diventato il mantra di un movimento: "Make America Great Again". La politica americana non era nuova a candidati outsider, ma Trump si presentava con un’agenda e uno stile che rompevano ogni schema.

  Il suo messaggio era chiaro e diretto: rimettere l’America al centro. In un’epoca dominata dalla globalizzazione e dal politicamente corretto, Trump parlava all’America profonda, quella che si sentiva dimenticata dai salotti buoni di Washington e dalle politiche progressiste. Parlava di muri, di protezione del lavoro americano, di una politica estera meno interventista. Era un linguaggio che colpiva duro, senza filtri, e che portò molti a sottovalutarlo. La sua candidatura alla nomination repubblicana non fu solo una sorpresa, ma un terremoto. Di fronte a candidati tradizionali come Jeb Bush e Marco Rubio, Trump demolì con irriverenza le logiche classiche della politica. Non cercava di piacere a tutti, né di mediare: parlava ai suoi, ai dimenticati, agli arrabbiati. E loro risposero con entusiasmo. 

  Quando, nel luglio 2016, accettò ufficialmente la candidatura del Partito Repubblicano, non fu un traguardo, ma l’inizio di uno scontro epocale. La corsa contro Hillary Clinton si trasformò in uno dei momenti più divisivi della storia americana. Clinton rappresentava l’élite: senatrice, ex first lady, segretaria di Stato. Trump, l’antipolitico per eccellenza, incarnava il rifiuto del sistema. I dibattiti tra i due furono aspri, personali, con Trump che accusava Clinton di essere corrotta e inadeguata, mentre lei cercava di dipingerlo come un pericolo per la democrazia. L’8 novembre 2016, il mondo assistette incredulo alla vittoria di Trump. Pur avendo perso nel voto popolare, vinse grazie ai grandi elettori, conquistando Stati simbolici come la Pennsylvania, il Michigan e il Wisconsin. 

  Quella notte, l’America rivelò le sue profonde fratture. Da un lato, le grandi città progressiste e multietniche; dall’altro, un Midwest industriale e rurale che cercava riscatto. Ma cosa significava questa vittoria per il mondo? Trump portava con sé una visione che sfidava i fondamenti della politica globale post-guerra fredda. Mise in discussione le alleanze tradizionali, come la NATO, e spinse per una politica più protezionista, critica verso accordi come il NAFTA e il TPP. Per l’Europa, Trump rappresentava una sfida: un’America meno interessata alla cooperazione multilaterale e più concentrata sui suoi interessi diretti. In Italia, la sua elezione fu vista con curiosità e preoccupazione. Da una parte, un presidente che parlava di sovranità nazionale e difesa dell’identità poteva trovare eco in certe aree politiche del centrodestra italiano; dall’altra, le sue politiche protezioniste rischiavano di penalizzare gli interessi commerciali italiani. Il 2016 fu solo l’inizio. 

  La presidenza Trump, che analizzeremo nei prossimi articoli, avrebbe ridefinito il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, mettendo l’America al primo posto, ma lasciando dietro di sé alleati confusi e un sistema internazionale profondamente scosso. Con questo primo articolo, iniziamo un percorso che, settimana dopo settimana, ci condurrà fino al 20 gennaio 2024, giorno in cui Trump tornerà a guidare l’America e, inevitabilmente, a influenzare il destino del mondo intero. Restate con noi.

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