La Sardegna è al centro di un acceso dibattito politico, un braccio di ferro che vede contrapporsi la volontà popolare espressa nella legge Pratobello 24 e un Consiglio regionale che sembra sordo alle richieste di dialogo. Il disegno di legge 45 sulle aree idonee per gli impianti di energia rinnovabile prosegue tra ostruzionismo, emendamenti soppressivi e richieste di voto segreto, rallentando i lavori e accendendo la tensione dentro e fuori dal palazzo.
La legge Pratobello 24, sostenuta da oltre 210mila firme, avrebbe potuto essere il simbolo di una Sardegna capace di autodeterminarsi, di decidere come e dove sviluppare la transizione energetica evitando speculazioni. Eppure, la maggioranza ha scelto di ignorarla, trasformandola in emendamenti frammentati. "Doveva essere la battaglia di tutti i sardi, e invece siete riusciti a far arrabbiare tutti", ha dichiarato Fausto Piga (Fdi), puntando il dito contro un centrodestra che non ha aperto spiragli per un confronto reale.
Fuori dall’aula, la Rete Pratobello non si arrende. Il presidio sotto il palazzo di via Roma riprende con determinazione, mentre il portavoce Michele Zuddas, in sciopero della fame da oltre due settimane, preannuncia iniziative più incisive, compreso un referendum abrogativo. "Una legge non è per sempre", ha dichiarato, promettendo battaglia se il ddl 45 dovesse essere approvato senza integrazioni significative.
Nel frattempo, il clima resta teso. La scorsa settimana, i consiglieri di Forza Italia avevano esposto striscioni in favore della proposta popolare, ma le manifestazioni si sono fermate lì. Ora si parla di possibili occupazioni simboliche dell'Aula, mentre i rappresentanti della Rete Pratobello rimangono esclusi dal palazzo, in attesa di interlocuzioni che tardano ad arrivare.
La questione non è solo politica, ma culturale. La Sardegna, terra storicamente diffidente verso le imposizioni dall’alto, vive questo scontro come un affronto alla propria autonomia decisionale. Pratobello, prima ancora di essere una legge, è un simbolo di resistenza. Richiama alla memoria battaglie passate, quando i sardi si opposero alla militarizzazione del territorio. Oggi, quel nome ritorna, non per una questione di eserciti, ma per ribadire il diritto di decidere sul proprio futuro.
Se il Consiglio regionale non trova un compromesso, la sensazione è che questa frattura diventerà ancora più profonda. Perché in Sardegna, le leggi non scritte valgono quanto, se non più, di quelle imposte dai palazzi.