Mentre la Sardegna festeggia il riconoscimento ufficiale di “regione indenne da PSA” (Peste Suina Africana) dopo oltre 40 anni di battaglie, sacrifici e abbattimenti forzati, il comparto suinicolo isolano si trova di fronte a una nuova, pesante sfida: il drastico taglio dei fondi PAC e PSR/CSR, che rischia di compromettere irrimediabilmente qualsiasi prospettiva di ripresa del settore.
A denunciarlo è Tore Piana, presidente del Centro Studi Agricoli, che con un’analisi dettagliata evidenzia una situazione definita “ingiustificabile” e chiede a gran voce alla Regione un’immediata revisione dei parametri sugli indennizzi, in particolare quelli relativi alla misura “Benessere animale”.
«La Sardegna – afferma Tore Piana – nel 2024/25 è finalmente uscita dalla scure della PSA. Un risultato atteso da decenni, salutato con entusiasmo da istituzioni, politica e associazioni di categoria. In tanti avevano cominciato a guardare con rinnovato interesse alla suinicoltura, investendo in allevamenti, soprattutto nella modalità semi brado, che garantisce carni di altissima qualità, frutto di un pascolamento controllato in spazi aperti».
Ma, secondo il Centro Studi Agricoli, la svolta è stata subito smorzata da scelte politiche nazionali e regionali che «penalizzano fortemente il comparto, proprio nel momento in cui sarebbe necessario sostenerlo e incentivarlo».
La denuncia è supportata dai numeri: su 11.216 aziende suinicole attive in Sardegna, per un totale di 161.052 capi (dati ufficiali della Banca Dati Nazionale), la perdita di contributi – rispetto al periodo 2022/2023 – è stimata in circa 25 milioni di euro.
Due le principali criticità evidenziate:
-
Taglio dei fondi PAC (eco-schema 1 titolo 2): si passa da 300 euro per UBA (Unità Bovino Adulto) a soli 54 euro, con una perdita di 246 euro a UBA, pari a 123 euro a capo di suino adulto.
-
Riduzione del contributo sulla misura regionale “Benessere animale”: da 331 euro per UBA nel 2022/2023 si è passati a 131 euro per UBA nel 2023/2024, ovvero 200 euro in meno per capo allevato in semi brado.
«Con quale coraggio oggi chiediamo ai giovani delle zone interne della Sardegna di investire nella suinicoltura?» si chiede Piana. «In territori già colpiti dallo spopolamento, si sta penalizzando l’unica attività che stava mostrando segnali di rilancio. La politica regionale sta facendo l’esatto contrario di ciò che serve: invece di incentivare, taglia. Serve un’inversione netta e urgente di rotta».
Il presidente del Centro Studi Agricoli lancia quindi un appello all’assessore regionale all’Agricoltura e alla presidente della Regione, Alessandra Todde, affinché si provveda rapidamente a:
-
Rivedere i parametri di contribuzione sia a livello nazionale (PAC) che regionale (CSR e benessere animale);
-
Incentivare il sistema di allevamento semi brado e la valorizzazione delle razze autoctone;
-
Pianificare un piano strategico per il rilancio della suinicoltura sarda, riconoscendone la qualità e l’importanza per il tessuto economico interno.
«Le carni suine sarde – conclude Piana – sono un’eccellenza a livello europeo. Non hanno nulla da invidiare a quelle spagnole. È inaccettabile che proprio adesso, dopo aver superato il dramma della PSA, si scelga di disincentivare chi lavora in questo comparto con sacrificio e passione. Chiediamo alla Regione di intervenire con urgenza per sostenere concretamente i nostri allevatori».