Benvenuti all'undicesimo appuntamento di "Cronache della Repubblica". Oggi affrontiamo la figura di Giorgio Napolitano, undicesimo Presidente della Repubblica Italiana, un uomo che ha segnato in modo indelebile la storia recente del nostro Paese, ricoprendo il ruolo più alto delle istituzioni italiane in due dei periodi più complessi e turbolenti della nostra Repubblica. In questo primo articolo, ci concentreremo sul suo primo mandato, dal 2006 al 2013.
Nato a Napoli il 29 giugno 1925, Giorgio Napolitano si affacciò alla politica in gioventù, aderendo al Partito Comunista Italiano (PCI) nel 1945, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La sua carriera politica all'interno del PCI fu lunga e costellata di successi, segnati da un costante impegno per la democratizzazione e l’europeizzazione del partito. Figura di spicco dell'ala riformista, Napolitano si distinse per il suo approccio pragmatico e moderato, che gli permise di guadagnare rispetto anche al di fuori delle file comuniste.
Negli anni ’80, Napolitano si fece conoscere anche a livello internazionale, grazie alla sua attività di europarlamentare e alle sue relazioni con i leader socialdemocratici europei, che contribuirono a trasformare il PCI in un partito più vicino alle democrazie occidentali.
L’elezione a Presidente della Repubblica, il 10 maggio 2006, rappresentò il culmine di una carriera politica esemplare, ma segnò anche l'inizio di un mandato che avrebbe messo alla prova le sue capacità di mediatore e di garante delle istituzioni. L’Italia, in quegli anni, attraversava un periodo di grande instabilità politica, con governi fragili e una crescente sfiducia nelle istituzioni. Napolitano si trovò subito a dover gestire crisi politiche delicate, come la caduta del governo Prodi nel 2008, che portò alle elezioni anticipate e al ritorno di Silvio Berlusconi al potere.
Durante il suo primo mandato, Napolitano si impegnò con tenacia per garantire la stabilità del Paese, cercando di mantenere un equilibrio tra le diverse forze politiche. Fu un Presidente che, pur mantenendo il suo ruolo di garante costituzionale, non esitò a intervenire con decisione nei momenti di crisi, cercando di evitare soluzioni che potessero mettere a rischio l’unità e la continuità delle istituzioni.
Uno dei momenti più critici del primo settennato di Napolitano fu senza dubbio la crisi del debito sovrano del 2011. Con l'Italia sotto la pressione dei mercati internazionali e dell'Unione Europea, Napolitano giocò un ruolo determinante nella transizione politica che portò alle dimissioni di Silvio Berlusconi e alla formazione del governo tecnico guidato da Mario Monti. Fu una scelta che suscitò molte polemiche, soprattutto tra coloro che vedevano nell’intervento di Napolitano una violazione dell’equilibrio democratico, ma che si rivelò necessaria per evitare il collasso finanziario del Paese.
Al termine del primo mandato, nel 2013, Napolitano si trovò di fronte a una situazione senza precedenti nella storia repubblicana.
L’incapacità delle forze politiche di trovare un accordo su un nuovo Presidente della Repubblica spinse il Parlamento a chiedere a Napolitano di accettare un secondo mandato, nonostante la sua età avanzata e la sua volontà di ritirarsi a vita privata. Con grande senso di responsabilità, Napolitano accettò, consapevole che il Paese aveva bisogno di una guida sicura in un momento di grave incertezza politica.
Il primo mandato di Giorgio Napolitano si concluse così con un atto di generosità istituzionale che, per molti, rappresentò il segno della sua dedizione al bene comune. Ma le sfide che avrebbe dovuto affrontare durante il suo secondo mandato si sarebbero rivelate ancora più complesse e controverse, come vedremo nel prossimo appuntamento di "Cronache della Repubblica".