Dietro le quinte del potere: Giovanni Giolitti, l'abile giocoliere della politica italiana (Parte I)

Storie e curiosità dei Presidenti del Consiglio italiani

  Cari lettori, proseguiamo il nostro viaggio nella storia dei Presidenti del Consiglio dei Ministri italiani con una figura fondamentale e duratura della politica italiana: Giovanni Giolitti. Con la sua abilità politica, ha lasciato un'impronta indelebile sul panorama politico e sociale dell'Italia di inizio Novecento. Scopriamo insieme la sua vita e le sue opere. 

  Nato il 27 ottobre 1842 a Mondovì, in Piemonte, Giolitti proveniva da una famiglia borghese. Fin da giovane, mostrò un'acuta intelligenza e una forte inclinazione per gli studi. Dopo aver completato il liceo, si laureò in Giurisprudenza all'Università di Torino nel 1860. La sua carriera iniziò nel settore pubblico come funzionario del Ministero delle Finanze, dove si distinse per la competenza e l'integrità. La formazione giuridica e l'esperienza nell'amministrazione pubblica gli fornirono una solida base per la futura carriera politica. Era un uomo di grande cultura e aveva una profonda comprensione dei meccanismi dello Stato e dell'economia, qualità che lo avrebbero reso uno dei più abili statisti italiani. Entrò in politica nel 1882, quando fu eletto deputato nel Parlamento italiano. 

  Inizialmente, si schierò con la sinistra costituzionale, ma ben presto si distinse per la capacità di mediare tra le varie fazioni politiche. La sua abilità nel costruire alleanze e nel trovare compromessi gli permise di emergere rapidamente come una figura di spicco. Fu nominato Ministro delle Finanze nel 1889, sotto il governo di Francesco Crispi. In questo ruolo, dimostrò la sua competenza in materia economica e fiscale, promuovendo politiche volte a stabilizzare le finanze pubbliche e a promuovere lo sviluppo economico. L'esperienza come ministro gli fornì preziose competenze che avrebbe utilizzato nei futuri mandati da Presidente del Consiglio. 

  Giolitti divenne Presidente del Consiglio per la prima volta nel 1892. Il suo primo governo fu breve e segnato da gravi crisi, tra cui lo scandalo della Banca Romana, che minò la fiducia nel sistema bancario italiano. Nonostante le difficoltà, cercò di promuovere riforme sociali ed economiche, ma fu costretto a dimettersi nel 1893. Dopo questo primo mandato turbolento, trascorse alcuni anni fuori dai riflettori, dedicandosi alla riflessione e alla preparazione per un ritorno sulla scena politica. La capacità di imparare dai propri errori e di riorganizzare le proprie strategie gli permise di tornare più forte e determinato di prima. Giolitti tornò al potere nel 1903, inaugurando un periodo noto come l'"età giolittiana", caratterizzato da una serie di governi stabili e da importanti riforme sociali ed economiche. Questo periodo durò fino al 1914 e rappresentò uno dei momenti più prosperi e dinamici della storia italiana. Una delle caratteristiche distintive dell'età giolittiana fu la politica di trasformismo, attraverso la quale cercava di includere nel governo esponenti di diverse correnti politiche per garantire la stabilità e la continuità delle politiche. Questo approccio pragmatico gli permise di realizzare importanti riforme, ma gli attirò anche critiche per la mancanza di coerenza ideologica. Durante l'età giolittiana, furono introdotte numerose riforme che trasformarono profondamente l'Italia. Promosse l'espansione dei diritti dei lavoratori, con l'introduzione della legislazione sul lavoro e la creazione di istituti di previdenza sociale. Queste riforme miravano a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e a ridurre le disuguaglianze sociali. In campo economico, Giolitti sostenne lo sviluppo industriale e infrastrutturale del paese. Promosse la costruzione di nuove ferrovie, strade e porti, e incoraggiò l'industrializzazione del Sud Italia, cercando di ridurre il divario economico tra le diverse regioni. La sua politica economica era basata su un equilibrio tra liberalismo e interventismo statale, volto a creare un contesto favorevole per lo sviluppo economico. 

  La politica estera di Giolitti fu caratterizzata da un approccio prudente e pragmatico. Cercò di mantenere l'Italia al di fuori dei conflitti internazionali, concentrandosi sul consolidamento interno e sullo sviluppo economico. Tuttavia, fu anche durante il suo governo che l'Italia intraprese la guerra italo-turca (1911-1912), che portò all'acquisizione della Libia. Giolitti cercò di bilanciare le relazioni con le grandi potenze europee, mantenendo una posizione di neutralità attiva. Questo approccio gli permise di navigare tra le complesse dinamiche internazionali, preservando la sovranità e l'indipendenza dell'Italia. Giolitti era noto per il carattere riservato e la capacità di mantenere la calma anche nelle situazioni più difficili. 

  Si racconta che fosse un grande appassionato di letteratura e che trovasse spesso rifugio nei libri per rilassarsi e riflettere. Era anche un abile giocatore di scacchi, un hobby che rifletteva la sua abilità strategica in politica. Un aneddoto interessante riguarda la gestione del potere. Era noto per la capacità di lavorare dietro le quinte, utilizzando abilmente la diplomazia e il compromesso per raggiungere i suoi obiettivi. Si dice che avesse una rete di informatori e collaboratori che gli permetteva di essere sempre ben informato e di anticipare le mosse dei suoi avversari. Nonostante i successi, la carriera di Giolitti non fu priva di critiche e controversie. Una delle principali critiche riguardava il suo uso del trasformismo, che molti consideravano un metodo per consolidare il proprio potere a discapito della coerenza ideologica. Questo approccio gli permise di mantenere la stabilità politica, ma lo espose anche all'accusa di opportunismo. Un'altra critica significativa fu il trattamento riservato ai movimenti socialisti e sindacali. Sebbene avesse promosso riforme a favore dei lavoratori, il suo governo fu spesso accusato di repressione nei confronti delle proteste operaie. In particolare, l'uso della forza contro gli scioperi e le manifestazioni fu un tema ricorrente di controversia. Giovanni Giolitti lasciò il governo nel 1921, dopo una lunga e influente carriera politica. La sua eredità è complessa e sfaccettata. Le riforme sociali ed economiche hanno contribuito a modernizzare l'Italia e a migliorare le condizioni di vita di milioni di italiani. Tuttavia, il suo approccio trasformista e il pragmatismo politico hanno suscitato dibattiti e critiche, con alcuni che lo accusano di opportunismo e mancanza di coerenza ideologica. 

  Cosa ci insegna Giovanni Giolitti oggi? La capacità di mediare tra diverse correnti politiche e di trovare compromessi per garantire la stabilità del governo è una lezione preziosa per i nostri tempi. In un'epoca di polarizzazione e conflitto politico, l'esempio di Giolitti ci ricorda l'importanza del dialogo e della ricerca di soluzioni condivise. L'attenzione alle riforme sociali ed economiche, e l'impegno per lo sviluppo infrastrutturale, sono temi di grande attualità. Giolitti ha dimostrato che il progresso richiede non solo visioni ambiziose, ma anche la capacità di implementare riforme concrete e sostenibili. Chiudiamo qui il nostro primo approfondimento su Giovanni Giolitti. 

  Nel prossimo appuntamento, esploreremo ulteriormente i suoi mandati e le sue politiche, analizzando più dettagliatamente le conseguenze delle sue azioni e l'impatto a lungo termine sulla storia italiana. Continuate a seguirci per scoprire le curiosità e le vicende di questo straordinario personaggio. A presto!

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