In Italia, se spacci droga ti rispettano. Se osi denunciarla, ti menano. È quanto accaduto a Bonifati, provincia di Cosenza, dove un giovane prete ha avuto la sfrontatezza – oggi si direbbe il coraggio – di parlare chiaro. Don Guido Quintieri, parroco del paese, è stato pestato sul sagrato della chiesa. Sì, avete capito bene: finita la Messa, anziché ricevere un “grazie”, ha incassato cazzotti. Motivo? Aveva osato toccare l’intoccabile: lo spaccio.
Durante le celebrazioni della Settimana Santa, don Guido aveva pronunciato omelie dure, ma oneste. Ha detto che la droga rovina le vite, che i piccoli centri non sono immuni, che la rassegnazione non è una virtù ma una vigliaccheria. Apriti cielo. In un Paese dove si tollera tutto, tranne la verità, chi la dice viene punito. E così il prete è stato aggredito da chi, evidentemente, preferisce la polvere bianca al pane eucaristico.
La diocesi ha diffuso un comunicato, il vescovo Stefano Rega ha espresso «piena solidarietà» e ha invitato a pregare anche per chi ha alzato le mani. Legittimo, cristiano, condivisibile. Ma qui non si tratta di stringere rosari: si tratta di stringere i denti. La verità è che non esiste più alcun freno, alcun timore, alcun rispetto. Nemmeno per un sacerdote, nemmeno davanti a una chiesa.
Don Guido, dal canto suo, è rimasto un signore. Ha risposto con parole che odorano di Vangelo e non di rancore: «Non dobbiamo nascondere le nostre fragilità, ma curarle. Il perdono è il primo gesto concreto». E aggiunge una stoccata, di quelle vere: forse la rabbia di chi lo ha colpito è nata dal fatto che la statua non si è affacciata alla finestra, come impone il folclore religioso locale. Ma lui, giustamente, non ci sta a piegarsi al folklore bigotto. A lui interessa la sostanza: denunciare il male, curare le ferite, combattere la droga che distrugge le famiglie e uccide i giovani.
Ma in un’Italia anestetizzata, dove la criminalità fa audience e chi si oppone viene zittito o pestato, Don Guido fa paura. Perché chi dice la verità è un rivoluzionario. Un parroco che invita la stampa «a non strumentalizzare» è già una notizia. Ma che lo faccia mentre ha ancora i lividi addosso lo rende un gigante.
Altro che statue alle finestre. Qui serve gente che sappia parlare, agire e – se necessario – incassare. Non per sé, ma per una comunità che ha ancora un’anima e che non vuole farsi rubare la gioia da qualche idiota con le mani leggere e il cervello in ferie.
Don Guido, da parte nostra, ha tutta la stima che si deve a chi non ha avuto paura. E se ci leggono in alto loco: non bastano le preghiere, servono leggi, controlli, manette. Perché chi pesta un prete, domani pesterà chiunque.