Mentre la possibilità di acquistare una casa di proprietà si allontana sempre di più per la maggior parte degli italiani, da anni si continua a promuovere il cosiddetto “cohousing” come soluzione innovativa, capace di risolvere i problemi abitativi e di sostenibilità economica.
Ma questa formula, che prevede la condivisione di spazi comuni e l’organizzazione di una vita comunitaria, è davvero una risposta valida? I fatti sembrano dire il contrario.
Lungi dall’essere una soluzione accessibile, il cohousing si è dimostrato in più occasioni un progetto difficile da realizzare, con tempi di attesa interminabili e costi che, spesso, risultano fuori portata per coloro che sperano di beneficiare dei tanto promessi risparmi.
Esemplare è il caso di Milano, dove decine di progetti sono rimasti sulla carta o, peggio, sono diventati veri e propri incubi per centinaia di famiglie. Quartieri come quelli di via Pestalozzi o Coventidue, nati con l’idea di offrire abitazioni condivise a costi ridotti, hanno lasciato molti acquirenti in balia di ritardi, disservizi e promesse non mantenute, con progetti bloccati anche da otto anni.
Il paradosso più amaro, tuttavia, è che spesso i fautori del cohousing non vi partecipano affatto: chi promuove questi modelli, chi li sostiene a livello politico e chi ne fa una bandiera di innovazione raramente vive in prima persona in una comunità condivisa.
La realtà è che queste stesse persone continuano ad abitare case di proprietà, ben lontane dalle difficoltà che vorrebbero risolvere. La sensazione, per molti cittadini, è che il cohousing sia una formula di comodo, venduta come innovativa e sostenibile ma che, nella pratica, non offre una reale alternativa a chi vorrebbe semplicemente poter comprare una casa.
Le difficoltà pratiche sono evidenti e numerose. Da una parte, il modello non ha mai trovato radici solide nel nostro Paese: dei pochi esempi italiani censiti, molti non hanno mai raggiunto la piena operatività, altri si sono scontrati con resistenze culturali, e altri ancora sono falliti per ragioni finanziarie. Dall’altra, le poche realtà esistenti sono spesso costrette a limitarsi a chi già dispone di mezzi economici consistenti, mentre le famiglie realmente in difficoltà rimangono escluse.
Invece di proporre soluzioni inefficaci e disconnesse dai bisogni reali, il problema abitativo richiede risposte pragmatiche: politiche che incentivino l’acquisto di case di proprietà, sostegni mirati a giovani e famiglie, e interventi concreti sul costo degli immobili e dei mutui. Continuare a insistere su modelli come il cohousing rischia di essere solo un alibi per non affrontare le vere radici di una crisi abitativa che colpisce milioni di italiani.